A due anni dall'uccisione di Giulia Cecchettin.
- Mattia Stella
- 11 nov
- Tempo di lettura: 1 min
A due anni dalla morte di Giulia Cecchettin molte cose sono cambiate, il ricordo di quella tragedia che ha sconvolto tutti noi non si è assopito.
Ma in questi due anni i femminicidi nel nostro paese non accennano a diminuire. Di norme ne sono state introdotte, ma è evidente che non bastano.
I siti dei media raccontano ogni giorno di violenze che tante donne subiscono per mano di chi diceva di amarle. Tante tragedie, ciascuna diversa dalle altre, ma accomunate da quel senso di impotenza che ci tocca tutte e tutti.
Esiste un malsano senso del possesso del quale non riusciamo ancora a liberaci e non possiamo attenderci che affievolisca da solo. Urge iniziare dai nostri figli, dai giovani, insegnando loro che amare non è possedere, che il NO non è un forse, che la violenza non migliora nulla.
Urge continuare a parlarne, anche tra adulti, tra amici. Perché non esiste un indentikit inconfondibile di chi si macchia di femminicidio, talvolta è il marito ideale, il compagno d’oro, l’insospettabile. Le tante vicende che abbiamo visto da vicino o da lontano ci ricordano che dobbiamo continuare a parlarne, altrimenti il rischio è che tutto finisca in ultima pagina, che ci si abitui o che diventi qualcosa che si può sorvolare.
Invece, due anni dopo, il sorriso e lo sguardo pieni di vita di Giulia Cecchettin sono ancora lì davanti ai nostri occhi e ci chiedono di ascoltare, osservare, farci carico. Di esserci per tutte le altre giulie.





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